mercoledì 30 marzo 2011
“Leggere, vizio punito” (Gesualdo Bufalino)
“Leggere, vizio punito” è il titolo di un articolo contenuto in “Cere perse”, raccolta di articoli di Gesualdo Bufalino, usciti fra il 1982 e il 1985. È un libro che vorrei avere al più presto (così come tutto ciò che non ho ancora letto dello scrittore di Comiso) e che l’autore stesso considera una sorta di diario non solo personale, ma anche generazionale.
Quest’articolo, in particolare, è incentrato sulla lettura e la scrittura.
Nell’attesa di poterlo leggere integralmente, ne cito una piccola parte. L’ho trovata su un saggio che stavo studiando e ho deciso di postarla per non perderla di vista e condividerla con quanti si trovino a passare da queste parti.
È una definizione della lettura molto appassionata, direi quasi viscerale, se consideriamo anche le immagini che Bufalino usa, tutte riconducibili a un piano fisico. La trovo molto vicina a ciò che la lettura per me è stata sin dall’infanzia e continua ad essere tutt’ora:
“Leggere a me non servì soltanto da risorsa conoscitiva, utile a esplorare il fondo del mio pozzo buio, il più che potessi del lontanissimo cielo: significò soprattutto mangiare, saziare una mia fame degli altri e delle loro vite veridiche o immaginarie: dunque fu in qualche modo una pratica cannibalesca. Come il comunicando, quaerens quem devoret, cerca e mangia nell’ostia il suo dio, io mangiavo nei libri il mondo, la vita, gli uomini, la visione e la storia; mangiavo, autofagicamente, me stesso.”
(Leggere, vizio punito in “Cere perse”)
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